28 maggio 2010

L'ARTIGIANO NON E' ANACRONISTA

Oggi voglio riportarvi il testo del mio intervento al Convegno Nazionale tenutosi lo scorso 21 maggio a Torino.

Come Armesma, nel 2007 avevamo pensato di partecipare ad una Conferenza Internazionale sull' Artigianato organizzata a Strasburgo dalla Comunità Europea . Per informarmi ho cercato su Internet maggiori chiarimenti .
Il linguaggio col quale si presenta la figura dell' artigiano è IMPRESA.
Tutto verte su questa parola che è ormai cardine nella terminologia di un certo tipo di produzione che ha invece ben più antiche origini, da noi artigiani manuali creativi perpetuata.
Non credo di dover ritenere l'artigiano che realizza a mano il suo prodotto un anacronista, una persona fuori dal tempo, eppure è quello che si evince dalla lettura di questa presentazione del Congresso di Strasburgo, che sottolinea quanto sia importante per l'impresa artigiana mettersi al passo con la globalizzazione e quindi tecnologizzare sempre più i sistemi produttivi per stare al passo con la produzione orientale.
“ L'artigianato negli stati membri ha bisogno di conformarsi alle direttive europee. Esse devono modernizzare la loro produzione e i loro macchinari( ! ) e poter ottenere accessi alla finanza. L'artigianato deve far fronte all'incombente competitività e ha bisogno di incrementare la propria ricorrendo all'innovazione tecnologica, ai corsi di aggiornamento e professionali. “ ... “ Sarà un'opportunità per analizzare le carenze di competitività degli artigiani e delle piccole imprese, di identificare quali input e sistemi competitivi utilizzare x aiutare il settore e trarne vantaggi dalle offerte del commercio del singolo mercato.” E continua “ Mentre c'è in Europa una definizione per le micro, piccole e medie imprese, non c'è ancora una definizione europea per le imprese artigiane... Il criterio di definizione stabilisce per le micro imprese dieci dipendenti, per la piccola e media impresa ne indica quaranta o cinquanta. Le imprese artigiane non sono ancora state definite SOPRATTUTTO PER IL LAVORO SOMMERSO CHE LE CARATTERIZZA IN TUTTI I PAESI DELLA COMUNITA' EUROPEA.”
A questo congresso non abbiamo partecipato: forse non ci avrebbero preso molto in considerazione , ci avrebbero chiesto, come fan tutti, "ma quanti siete?"

Quando si parla di ARTIGIANATO MANUALE CREATIVO si alza un gran polverone, sembra che ormai sia una realta' fuori dal tempo. Noi, o almeno la maggior parte di noi, non accendiamo mutui, non investiamo in tecnologie, non cerchiamo la competitivita' con la produzione in serie, e rimaniamo nel sommerso proprio perche' è meglio rimanere nel sommerso fin quando non potremo uscire ufficialmente riconosciuti con una legge adeguata alle nostre esigenze.
Esigenze di considerazione della nostra attitudine a realizzare manufatti con poca spesa di materiale , forse, ma molta manodopera.

A questo punto penso che sia arrivato il momento per essere riconosciuti come entita' lavorativa che perpetua stili di vita e di produzione a misura d'uomo.
Il contesto sociale ce lo fa intuire.
La bramosia di potere economico sta distruggendo tutto ciò che di naturale e vivibile esiste su questa Terra.
Forse qua e là qualcuno se ne sta accorgendo.
Addirittura ho sentito dire da industriali veneti di modificare il sistema di costruzione degli stabilimenti e capannoni per evitare lo schok da impatto ambientale che questi procurano.
A fatica si cerca di ritessere le maglie di una tela che si sta forando, convincendo l'opinione pubblica che un altro mondo è possibile, che l'iperproduzione crea molti scarti e rifiuti e che anche la produzione deve ritrovare un'etica un senso e un commercio che sia sostenibile per tutti.

Insomma in questo contesto storico che si sta interrogando finalmente, facendo un punto della situazione attuale, noi artigiani creativi manuali dobbiamo a nostra volta prendere consapevolezza della nostra dignità di esistere e del valore dei nostri mestieri che stanno in realtà scomparendo gradatamente.

Dobbiamo rammentare alla politica in generale, l'importanza delle piccole botteghe artigiane e dei piccoli produttori senza bottega che nel loro piccolo contribuiscono a perpetuare tecniche di lavorazione, metodi, tempi e materiali che pochi ormai continuano ad utilizzare e anzi denigrano.

Ed oltre alla realtà etica e culturale che va estinguendosi, scompare anche quella forma di arte creativa che ha sempre contrassegnato le CIVILTA' proprio perchè CIVILTA' più antiche.

Infatti non si parla più di civiltà ma di inciviltà , poiché fino a che si incentiveranno solo le grandi opere le GRANDI infrastrutture, le GRANDI imprese, i piccoli valori umani verranno sempre più soffocati in tutto il loro bagaglio di esperienze, capacità, inventiva che han sempre fatto bella la ns. esistenza.

Non sono di sicuro i ponti , le autostrade , i capannoni industriali, i palazzoni da 30 piani, a rendere gradevole la nostra esistenza e se ne stanno rendendo conto molte persone, andando alla ricerca ossessiva di posti tranquilli, belli da vedere che rilassino gli occhi e la mente dal bailamme di tutti i giorni.

Quindi noi artigiani dobbiamo farci sentire, dobbiamo rivendicare quei posti nei centri storici, storicamente adibiti al commercio di prodotti artigianali e agricoli, che sono stati occupati non si sa bene con quali criteri, da rivenditori di merci senza senso, oggetti senza etica, realizzati probabilmente da manovalanza sottopagata o schiavizzata.

Noi abbiamo banchi carichi di energia positiva, di cultura del bello, dell'originale, dell'innovativo o anche della tradizione.

NOI SIAMO ETICI e abbiamo tutti i diritti per venir considerati col giusto rispetto.

Guardate i problemi che sorgono nei centri balneari rispetto all'organizzazione dei mercatini estivi: fino a che si propongono oggetti che non siano in competizione con i commercianti locali non ci sono problemi. Il problema è quando nel” mercatino” si trovano esattamente gli stessi prodotti che si trovano nei negozi. Questa è scorrettezza o furbizia all'italiana, che compromette il lavoro a tutta una serie di persone che di questa attività di vendita estiva ne fa un motivo di sopravvivenza economica.
Morale: il mercatino non si fa più.

Il nostro lavoro consiste quindi nell'essere consapevoli della nostra originalità e farlo presente ai Comuni ai quali chiediamo ospitalità.
Insistere sulla diversità che proponiamo utilizzando materiali visivi, elencando le attività già svolte, e secondo me proponendo i laboratori interattivi che sono la base della trasmissione manuale della nostra attività.

Purtroppo all'interno dei comuni raramente troviamo persone competenti nel distinguere criteri di produzione di un oggetto artigianale, anche perchè non hanno mai dovuto sottoporsi ad un distinguo di materiali per, ad esempio, sistemare i banchi in una fiera. Anche nelle fiere noi dovremmo essere invitati come produttori , soprattutto se locali, senza doverci sottoporre alle questioni burocratiche che prevedono l'inserimento in una graduatoria di spunta tramite domanda in carta da bollo ecc. Così come per gli apicoltori.

Ogni Associazione locale organizza i propri mercati ma spesso ci affidiamo ad organizzatori di eventi che in realtà prendono soldi e in cambio non danno niente, né coerenza sui prodotti, né posti decenti, nè servizi primari. Siamo abituati a pagare per lavorare sperando sempre di vendere. Purtroppo a volte va male, però ormai abbiamo pagato e chi si è fatto la giornata è solo l'organizzatore!

Concludo dicendo che secondo la mia modesta opinione, la rinascita dell'artigianato artistico, manuale e creativo in Italia può avvenire solo con un'apertura totale e senza limitazioni burocratiche.

Ci vuole però un serio intervento legislativo che riconosca la figura dell'operatore dell'ingegno e del piccolo artigiano e che ne tuteli la sua sopravvivenza.
Erica Agazzani